Due giorni fa siamo stati a una brit milà ( circoncisione) del bambino di una nipote di mio marito ( figlia di un fratello) a Revavà , una colonia nei territori occupati.
Come si riconosce una colonia da un villaggio arabo? Semplicissimo: le villette delle colonie hanno i tetti rossi, quelle del villaggio arabo non hanno (giustamente dal punto di vista climatico ) tetto . E tra le case spunta il minareto.
E poi i villaggi palestinesi dalla strada per Revavà li vedi, sai che esistono, ma non ci puoi arrivare, nè c'è alcuno segnale stradale o strada da cui entrare . è come se fossero nascosti da un muro invisibile.
Revavà è una colonia come tante altre , nè meglio nè peggio, dove vivono moltissimi giovani in villette con giardino, al costo di un appartamentino di due stanze altrove, in Israele . Per essere accettati a viverci bisogna essere ortodossi di un certo livello, e le donne devono avere il capo coperto. E non c'è alcun pericolo a viverci. La strada che ti porta lì è solo per israeliani.
Insomma, una situazione ideale.
Il nonno da parte paterna del bimbo mi ha ringraziato molto di essere venuta.
E ha fatto bene. Sa come la penso. Ci sono andata con i denti stretti.
Il giorno dopo mi è arrivato questo messaggio dalla mia amica Dorothy .
È in inglese, lo traduco liberamente.
"Alle 18 io e mio marito, scrive Dorothy ( una mia amica israeliana di origine sudafricana) io e mio marito siamo ritornati da una lunga, calda giornata nella zona di Salfit in Cisgiordania.(….)
Dell'aerea di Salfit si parla poco in questi giorni , visto che il focus è sopratutto su Gerusalemme e Gaza. Ed è giustificabile.
Salfit è una piccola regione, eppure vale la pena di ricordare che i risultati dell'occupazione in questa piccola area invece di diventare col tempo minori , peggiorano.
Per esempio il numero delle costruzioni di Revavà (costruita su terra che appartiene ai residenti palestinesi del villaggio di Hares) è cresciuto. Quando abbiamo iniziato a seguire ciò che accade in zona , 7 anni fa, c'erano solo alcune baracche, quasi tutte sparite, adesso al loro posto c'è una piccola città con casette a uno o due piani e persino piccoli condomini. Alcuni costruiti dopo Aprile, quando in teoria sarebbe stato proibito.
A parte questo, il nostro amico (palestinese ndr) Hani Amer riesce ancora ad arrivare ai suoi campi ma se una volta ci metteva 5 minuti , adesso ci mette più di un'ora perchè non ha più diretto accesso alla sua terra . Per arrivarci deve andare a Azun Atmei ( i suoi campi sono lì) e lì aspettare al check point per poi entrare nel villaggio. Poi , una volta entrato , deve attraversare l'intero villaggio da est a ovest e poi attendere a un cancello finchè arriva un soldato che glielo apre . I soldati aprono il cancello solo a certe ore ogni giorno.
In più Hani e suo fratello non hanno permessi per i loro veicoli , il che rende ancora più difficile trasportare i loro prodotti articoli al mercato."
Mi chiedono cos'è l'occupazione.
Questa è l'occupazione.
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Gentile Manuela, ho iniziato da poco a sfogliare le pagine del suo blog, ma la seguo da parecchio tempo sulle pagine di riviste e quotidiani. Mi piace molto il suo stile e, soprattutto, mi toccano nel profondo del cuore gli argomenti che tratta e che vive sulla sua pelle. Ho provato a contattarla privatamente, ma non ho trovato il "canale" giusto, quindi le lascio un commento a questo post. Desideravo riportare questo post, e magari altri in futuro, sul mio blog, dove tratto, oltre alle mie piccole cose quotidiane, argomenti sociali, artistici, culturali, naturalmente in modo molto "easy" e da spettatrice. Riporterò quindi questo suo scritto sull' "occupazione", facendo riferimento al suo blog: chissà che non susciti l'interesse di qualcuno e spinga ad approfondire questo grande problema che colpisce così tante persone. Le lascio, in ogni caso, il nome del mio blog: http://aglimpsebeyond.splinder.com
RispondiEliminaGrazie e tanti cari auguri.
Manuela