domenica 28 febbraio 2010

coloni

Ho conosciuto la famiglia Ben Bassat in una giornata di grande gioia, il giorno del matrimonio di una delle loro quattre figlie, Sivan, con un nipote di mio marito. I Ben Bassat vivono in una colonia nei territori occupati di nome Neve Zuf, 35 minuti da Gerusalemme, 45 da Tel Aviv, una ventina da Ramallah.

La zona è collinosa, poco abitata, appena segnata qua e là da pastorali villaggi palestinesi. Mai ero stata prima, e di mia spontanea volontà, in una colonia israeliana nei "territori".
"Slacciati la cintura" mi ha consigliato Avraham, il compagno della mia vita, appena passato il primo check point, "stiamo superando la linea verde" (la linea verde è una linea immaginaria che separa l'Israele di prima della guerra dei Sei giorni del 1967 dai territori occupati durante quella guerra. Solo in Cisgiordania, tra colonie e avamposti illegali, vivono circa 300.000 coloni), "poi allacciala sul sedile e siediti sopra così non suona. Bisogna essere pronti a saltar fuori rapidamente in caso di bisogno" ha detto "e non dimenticarti di appenderti al collo un cartello che dice che sei una di quelle brave, tanto di sinistra, altrimenti che figura ci fai se ti colpisce una pietra proprio qui? Che diranno di te?" ha sghignazzato. E, suo malgrado, si è fatto serio, le mani tese sul volante... "Ecco le luci, stiamo arrivando..." si è lasciato scappare con un sorriso di sollievo, "no, ancora no... non abbiamo per caso sbagliato strada?..." e giusto in quel momento due o tre pietre ci sono cadute addosso da un piccolo promontorio sovrastante. Ho alzato la testa: se l'erano già data a gambe.
Alcuni minuti dopo eravamo davanti al filo spinato, ai soldati, alle jeep e alla bandiera bianca e azzurra della colonia di Neve Zuf, incolumi. Soltanto, mi tremavano un po’ le gambe. Lungo quella strada sono morte, negli anni, almeno tre persone. Decine ne sono rimaste ferite, anche gravemente. Colpite dalle pietre o attaccate con armi da fuoco.

Ma come si riesce a vivere così? A non morire di paura ogni volta che si esce di casa e ogni volta che ci si torna? Chi sceglie, e perché, di vivere in una colonia israeliana isolata, tra villaggi palestinesi ostili? E si chiede perché sono ostili?
Impossibile trovare un'unica risposta: all'interno del popolo dei coloni, apparentemente compatto nel rifiuto al dialogo con i palestinesi e al congelamento o smantellamento di colonie, esistono correnti di pensiero totalmente diverse, spesso in aperto contrasto l'una con l'altra, dal fanatismo religioso fondamentalista alla tranquilla borghesia dei proprietari delle villette a buon prezzo, dai militanti hard agli idealisti light, ai moderati, ai creativi, ai biblico-anarchici violenti. Vivono a Maale Adumim (45.000 abitanti) e a Modiin Ilit (38.000), ma anche negli avamposti (che sono colonie illegali) di Ytzar o Migrom, o Neve Daniel, fino a quelli minuscoli di poche decine di persone.
In comune hanno la sensazione che il loro futuro e il loro stesso destino siano di minimo interesse per lo "Stato Tel Aviv", la capitale laica del Paese, vista come interessata soltanto ai piaceri della vita, sfrontata nel suo desiderio di vivere e godere. La stragrande maggioranza dei "telavivim" non è mai stata nei territori, e la notte dorme tranquillamente anche se nelle ultime tre settimane centinaia di pietre e alcune bombe molotov sono state tirate ogni venerdì, all'uscita dalla moschea, ai veicoli in viaggio verso Neve Zuf.

Non senza fatica, quindi, sono tornata a Neve Zuf per incontrare, questa volta, gli amici e i vicini dei Ben Bassat .

Michael Rozenblu, professore di fisica.
"La nostra famiglia si è trasferita qui immediatamente dopo gli accordi di Oslo. Lo abbiamo fatto perché consideravamo Oslo un gravissimo, pericolosissimo errore, un accordo che voleva convincerci che l'illusione della pace con i palestinesi potesse diventare una realtà possibile. Anche noi vogliamo la pace, chi non vuole vivere in pace? Ma se Oslo avesse funzionato, avrebbe addirittura permesso la costruzione dello Stato palestinese, e sarebbe stata una tragedia perché gli arabi, i musulmani, non ci vogliono qui. Loro vogliono la Jiad, la guerra santa, come aveva detto più che chiaramente Arafat stesso.
E poi noi siamo qui per ribadire il diritto degli ebrei a vivere ovunque nel mondo, Palestina compresa".

"Ovunque" in Palestina?
"Anche vivere in Israele è pericoloso..."

Ma se lei non crede che la pace sia possibile o, come direbbe l'ex parlamentare Elyakim Haetzni, se "la pace è un falso idolo", se non dovrà mai nascere uno Stato palestinese, che futuro immagina per la sua famiglia, i suoi figli, i suoi nipoti?
“Noi continueremo a vivere qui, assieme ai palestinesi, in un unico Stato”.( Neve Zuf si trova nella zona che in caso di accordo diventerebbe probabilmente parte della Palestina ndr)

Quindi è d'accordo con la sinistra radicale che parla di un unico Stato per i due popoli…
“Se la mette così, certo”.

Con diritto di voto per tutti?
“Per le elezioni amministrative”.

E per quelle politiche?
“Per quelle politiche i palestinesi voteranno in Giordania”.

Ma non credo che i giordani siano d'accordo...
“La Giordania è il vero Paese palestinese” ha tagliato corto il professore.

La teoria della Giordania, politicamente un po’ fantasiosa, è anche quella della donna simbolo Daniela Weiss, che in altri tempi e in un altro mondo, era stata, ragazzina molto per bene, amica di mio marito (pare che allora fosse anche molto carina), per poi diventare, da adulta, la pasionaria dei coloni, estremista, dura, intransigente. Mi fa sempre molta impressione rivederla.

Nel salotto dei Ben Bassat, a Neve Zuf, Miriam Binun sembra l'esatto contrario. È gentile, sorridente, tranquilla.

"Siamo arrivati qui 32 anni fa. Vivevamo poco lontano da Tel Aviv, ma ci mancava qualcosa. Non eravamo felici. Dopo la nascita del terzo figlio abbiamo deciso di fare una scelta, di andare a vivere in un luogo in cui la nostra presenza avrebbe contribuito a creare qualcosa di nuovo, d’importante, secondo il nostro ideale sionista. La scelta era tra vivere in Galilea o qui. Abbiamo dato le dimissioni dal lavoro, e alla fine, un po’ per caso, siamo arrivati qui. E qui abbiamo costruito la nostra casa, uno chalet di legno: mio marito l'ha voluto che somigliasse agli chalet svizzeri che lui ricordava dai tempi in cui era stato rifugiato in Svizzera. Siamo i più anziani del luogo, nostro figlio è stato il primo bambino dell'asilo".

Che cosa ama in particolare di questo luogo?
“Le montagne, la splendida vista dalle mie finestre... la mia vicina. Agli inizi, veramente, anche i rapporti coi vicini palestinesi erano ottimi”.

Edna Ben Bassat:
"... Un vicino palestinese aveva perfino la mia chiave di casa. Erano altri tempi. Io sono la più giovane del gruppo dei pionieri che ha fondato questa colonia. Quanto poco capivo allora. All'inizio, assieme ad altre 10 famiglie, abbiamo vissuto tutti insieme in un vecchio edificio dei tempi degli inglesi, con il bagno in comune. Poi, per mesi, in camper. Non avevamo neppure l'acqua corrente. E, che sia chiaro, siamo venuti qui incoraggiati dal governo, non sapevo che alla fine sarei diventata un nemico del popolo, una ‘colona’".

Che cosa vuol dire essere una colona?
"Essere considerata una estremista, una pazza. Una fondamentalista. Dopo l'uccisione di Rabin, soprattutto, mi guardavano male, come se dovessi chiedere scusa in continuazione. Abbiamo vissuto qui due intifade. Molti se ne sono andati, molti altri immagino saranno pronti ad andarsene appena lo Stato sarà pronto a risarcirli".

Yossi Binun, il marito di Miriam:
"Io, invece, non ho paura. Se vedo dei pericoli, li vedo per lo Stato d'Israele in generale, non per noi in particolare. E voglio ribadire che noi non siamo degli estremisti. Non siamo i giovani delle colline".

(I giovani delle colline, seconda o terza generazione di coloni, sono facilmente riconoscibili, perché è come se fossero sempre in divisa: gli uomini hanno lunghi riccioli al vento ai lati del volto, enormi "kippot" - papaline - in testa, frange rituali e pistola alla cintura. Le donne hanno i capelli raccolti sotto un fazzoletto girato tutto intorno, gonne che toccano terra o pantaloni con sopra la gonna, intorno una miriade di bambini più uno in pancia. Si ritengono l'avanguardia dei coloni e il loro motto è "intanto si costruisce e prima o poi il permesso arriverà". Non hanno nulla di borghese o di accomodante: messianici e mistico-nazionalisti, vivono negli avamposti, nei luoghi più remoti, in cima a colline; vogliono fare i pastori e agricoltori, sono violenti nei confronti dei palestinesi, considerano la sinistra israeliana un loro nemico e non hanno il minimo dubbio: questa è la nostra terra, e da qui non ci muoveremo mai...)


Miriam Binun:
"... Non solo non ci riconosciamo per niente nei giovani delle colline, ma non abbiamo neanche fatto assolutamente nulla d’illegale, e, ciò malgrado, in Israele ci incolpano di tutto: se mancano i soldi per nuove strade o per nuove scuole è sempre perché si spende troppo per le colonie... Se non c'è la pace è colpa delle colonie...".

E invece?
Yossi: "Anche noi siamo aperti alla pace e desideriamo la pace, ma se la pace non arriva dobbiamo continuare a convivere con la guerra".

Michael Rozenblu: "Ma no! È ora di smetterla di illuderci. Con l'Islam non si arriva a nessuna pace, vedi Cecenia, Indonesia, Afganistan, tanto per fare un esempio".

Edna Ben Bassat: "È vero che la situazione è tanto peggiorata, in questi anni. Ma com'è peggiorata, potrebbe anche migliorare...".

Michael Rozenblu:
"Sei troppo ottimista. E poi ormai non siamo più lo stesso popolo. Siamo diventati gli ebrei di Israele, così come una volta eravamo gli ebrei del mondo...".

Con queste ultime parole nelle orecchie, me ne sono tornata a casa col cuore pesante e la sensazione che "i due stati per due popoli" sia ormai una formula vuota di significato, ridotta dalla realtà in loco in un mantra insensato.
Ma se un unico Stato, che Stato?
Avraham e io ne abbiamo discusso a lungo, mentre facevamo all'inverso la strada che ci avrebbe portato a Tel Aviv.
Che realtà attende i nostri figli e nipoti? Ci siamo chiesti, angosciati, senza trovare risposta.

In memoria di Sivan Ben Bassat Dviri, la giovane figlia Di Edna e Rafi Ben Bassat, morta di encefalite a 23 anni, tre mesi dopo il matrimonio, sepolta a Neve Zuf.

domenica 21 febbraio 2010

Carnevale di Viareggio

Che freddo gelido e vento oggi a Viareggio.
E che meraviglia.
Questo è quanto ne avevo scritto per Vanity Fair.

Si chiamano "Alfabeto apocalittico", "Amore rubato", "Danza del drago" e sono alcuni dei carri del carnevale di Viareggio 2010. Tutti belli, tutti fantastici, spettacolari, effimeri come la cartapesta con cui sono stati creati, un foglio incollato sull'altro (i preferiti sono la “Gazzetta dello Sport” e “Il Sole 24 ore”) con acqua e farina.
I carri sono una passione, per alcuni tramandata di padre in figlio, per altri iniziata "solo" da una trentina d'anni, negli enormi capannoni di Viareggio. E proprio lì ho conosciuto Gilbert Lebigre, artista francese di madre italiana, professore d'arte che ha studiato all'accademia, e costruttore di carri con la moglie Corinne.

Quindi lei è un artista vero?
Certo, e il Carnevale è una cosa seria. Arlecchino dice sempre la verità: attraverso l'ironia si fa pulizia dei luoghi comuni, dei preconcetti, dell'ipocrisia.
Non per caso il Carnevale esiste sia nella tradizione giudaico-cristiana, sia in quella induista. Lo fanno anche in Giappone... praticamente è una necessità biologica.

Come avete intitolato il vostro carro?
"Padroni a casa nostra. Soluzione finale!" e il tema è la paranoia. Dicono che sia un carro politico, ma in realtà abbiamo solo creato l'idea di una città arroccata su se stessa, terrorizzata dall'altro, dal diverso, che si difende con i cannoni, mentre tutto intorno l'intera popolazione si arma per stare completamente al sicuro e alla fine, naturalmente, diventa prigioniera di se stessa.
Ma il carro è stato bocciato da un’apposita commissione bozzetti, emanazione della Fondazione Carnevale. Insomma ce l'hanno censurato .

E voi cosa avete fatto?
Abbiamo continuato a costruirlo. Non si censura il Carnevale.

E loro?
Ci hanno convocati.

Vi siete presentati?
Certo, nella nostra veste più naturale, vestiti da pagliacci.
Solo così finalmente siamo riusciti a parlare seriamente col Presidente della commissione e a risolvere il problema.
Infatti, siamo qui, come vede. Per i viareggini (che non hanno certo dimenticato la tragedia del treno di fuoco che li ha colpiti e le polemiche sui risarcimenti) il Carnevale non si fermerà mai. È una passione, una grande cultura tacita. Pensi che i carri, all'interno, sono costruiti secondo la tradizione navale viareggina, e in realtà non sono che piccole grandi navi terrestri di acciaio, cartapesta, fantasia e passione.

E il giorno dopo?
Non esistono più. I carri sono troppo grandi per essere tenuti ancora vivi. Vengono smontati e di loro rimane solo il ricordo e l'emozione che hanno dato. Oltre alle polemiche, naturalmente, e ai dibattiti furibondi nell'intera città. E si comincia a pensare al prossimo Carnevale.
(Al primo corso di Viareggio c'erano 65.000 spettatori, al secondo 150.000, tutta la città ha partecipato, nei e intorno ai carri. Ci sono in programma altri due corsi, il 16 e il 21 febbraio.
(http://www.viareggio.ilcarnevale.com/manifesto2010.php)
I miei amici israeliani che non avevano mai visto un carnevale ne sono rimasti entusiasti. Dalle tribune ho salutato Gilbert e Corinne. più tardi cercherò di scoprire chi ha vinto il primo premio.

giovedì 18 febbraio 2010

Incontro a Carrara

La casa di Virgoletta ci ha messo due giorni a scaldarsi veramente . Adesso è caldissima, io sudo, e Avraham è felice.
Non felicissimo però. Forse perché appena arrivati sono scappata a Carrara ad incontrare il gruppo dell’Empowerment Community Network ( vedi link qui accanto "Fondazione Mare Nostrum") e il cantante rock tedesco Peter Maffay ( vedi su google "Fondazione Peter Maffay") .
Maffay era di fretta perché doveva prendere l’aereo per Firenze , Orlando Pandolfi dell’empowerment doveva prendere l’aereo per l’Isola di Pasqua, io volevo tornare a casa il prima possibile : ci siamo incontrati , raccontati i reciproci progetti buttando giù in fretta e furia un boccone per pranzo e ci siamo riconosciuti immediatamente: abbiamo amici in comune , la pensiamo nello stesso modo , facciamo in fondo le stesse cose , dopo un’ora era come se ci conoscessimo da sempre . è stata un’esperienza brevissima , e straordinaria.

martedì 16 febbraio 2010

Virgoletta forever....

Ed eccomi qui a Virgoletta. Fa freddo. La casa è bella calda, ma per Avraham che gira sempre in maglietta di cotone,non fa mai troppo caldo. Ieri a Tel Aviv c’erano trenta gradi all’ombra.
Già per la strada da Pontremoli mi è venuta una grande emozione.
La sento mia questa terra di Lunigiana, anche se la conosco da così poco, ed è così diversa da Padova che è in fondo l’unica Italia che veramente conosco e ormai non conosco più per niente.
Ho qui tanta gente che amo e sento vicino. E la mia casa e il mio borgo , e i miei vicini , Mario e la Graziella , il ragazzo Nicola, Marino il contadino il fratello del Vescovo. E anche Avraham è felice qui, anche se vedo che si frena, che si protegge , che lo fa apposta a non lasciarsi andare completamente , a rimanere sempre e soltanto un israeliano.
In aereo era stano viaggiare in coppia. Mi succede così raramente. E infatti il ritorno lo faccio da sola.
(Persino la sicurezza è stata rapidissima. Le coppie rassicurano.)
Durante il volo tutti leggevano i giornali e commentavano l’assassinio (ripreso con le telecamere dell’albergo di Dubai )dell’uomo di Hamas.
In prima pagina c’erano le facce degli assassini , truccati, probabilmente, e con la parrucca, probabilmente , e tutti li riconoscevano: “Questo è il mio vicino…” “… no, macché , è il cognato di mia sorella…” , Avraham ha riconosciuto, ( si fa per dire) la figlia di un suo amico avvocato , l’assassina col sangue freddo che probabilmente era il vice capo del gruppo. Del resto l’unico agente di alto livello del Mossad che io ho conosciuto era identico al mio fruttivendolo . Sembrano , giustamente,chiunque.
E poi si parlava molto di un rabbino , grande studioso , sposato e con figli, omosessuale , e sconfessato da un gruppo di altri rabbini, perché continuava a consigliare ragazzi poco sicuri della loro identità sessuale. (spesso questi nostri rabbini sono i peggiori nemici dell'ebraismo).
E dell’idea di far votare gli israeliani all’estero, compresi quelli arrivati dall’ex Unione Sovietica, che si sono dichiarati ebrei , si son presi la cittadinanza per la legge del ritorno, sono stati in Israele cinque minuti e poi se ne sono andati in America.
Lo so perché li vogliono , non sanno di certo neanche una parola di ebraico , sono quasi tutti di destra ma voteranno di sicuro per la prossima guerra, della serie “armiamoci e combattete” . Sono quelli che ci vorrebbero mandare a far la guerra fino in Iran rimanendo al calduccio a Brooklyn.
Ma adesso non ci voglio pensare . Siamo a Virgoletta.

lunedì 15 febbraio 2010

cronaca padovana scritta dalla mia amica Margherita Bovo

Strano paese l'Italia. A leggere i giornali nazionali sembra che le notizie più interessanti siano quelle che riguardano l'economia, che sta andando a remengo; o la scelta se fare o meno della protezione civile una Società Per Azioni vera e propria(no, no, è proprio così, non avete letto male!); o, ancora, se sia o no normale salutare con gioia un terremoto da parte di costruttori perspicaci, capaci di procacciare lavoro ai disoccupati dell'edilizia; o, infine, se una brasiliana di anni 43 possa aggirarsi di notte nelle stanze di una SPA( questa non è una società per azioni, ma bensì una semplice Salus Per Aquam....ironia della sorte!!!) per massaggiare la schiena di un povero cristo che si ammazza di lavoro e accusa forti dolori alla schiena.....insomma la stampa nazionale si perde in queste quisquilie e si lascia sfuggire un avvenimento capace di smuovere le folle((migliaia e migliaia) in questo freddo inverno del nord, e farle giungere a Padova fin dalle prime ore dell'alba. Cosa cercano? cosa vengono a fare? Ma come? Non lo sapete? A pregare davanti alle spoglie del Santo per eccellenza, quel Fernando da Lisbona dalla vita avventurosa che venne a morire a Padova il 13 giugno 1231, e noto come Sant'Antonio.

Il corpo del Santo(privato della sua regolare lingua che rimane esposta perpetuamente su un altare della basilica padovana) ogni tanto viene riesumato ed esposto ai fedeli, con tanto di cerimonia solenne, in presenza delle autorità ecclesiastiche e civili della città. L'ultima volta era il 1981, ne avevamo una gran nostalgia, quindi abbiamo pensato che i fedeli di tutto il mondo( il cattolicesimo, si sa, non dà importanza alcuna alla carne, si impegna soprattutto nei riguardi dello spirito....ma l'affetto è affetto e il voler bene non si ferma alla teoria) potessero ritornare con pulmann, auto, treni, e pedibus calcantibus per i più prossimi, a fare file interminabili (naturalmente ai lati della fila venditori di reliquie e di bibite offrono generosamente assistenza al pellegrino) per avere finalmente la celeste visione.

La traslazione è avvenuta ieri sera alle 21, con stesura di un atto notarile per lasciare traccia storica dell'evento, c'erano tutti, sindaco, vescovo,questore, presidente della fondazione cassa di risparmio di padova e rovigo, e parroci vari......e siccome i quotidiani a larga tiratura non si occupano bene della faccenda, mi premuro qui di dare le informazioni necessarie ai fedeli.
Il santo corpo resterà vedibile e aadorabile fino a sabato, tutti i giorni dalle 6,15 fino alle 19, all'entrata sono stati messi dei metal detector, si uscirà al chiostro della magnolia.
Se una persona è portatrice di handicap(diversamente abile) può ottenere un pass di colore giallo che si ritira all'uffucio informazioni dell'Atca del Santo(email: infobasilica@santantonio.org). Verranno celebrate messe a nastro e la Cappella delle Benedizioni è aperta dalle 8 alle 18,30.
Ma non basta. Qui si pensa a tutto. l termine della pia visita si può ritirare un attestato(l'attestato del pellegrino, da mettere tra le mani in caso di decesso e da esibire di fronte a SanPietro al momento dell'assegnazione posti in paradiso) e un numero del Messaggero di Sant'Antonio.

Ma non è finita!!!! chi si chiama Antonio vince un premio!!L'entrata gratuita ai musei civici e un buon caffè al famoso pedrocchi.
E se non bastasse, chi non ha la possibilità di venire a padova di persona(birichini, birichini, non vi siete organizzati o siete in settimana bianca!!) avrà la possibilità di seguire l'ostensione attraverso una webcam attiva 24 ore su 24.

Ora, vogliamo farci un pensierino? Vuoi vedere che anche i miscredenti o adirittura gli ebrei una visitina al Santo gli potrebbe anche scappare? E non sapete che gli abitanti di padova sono onoratissimi di tutte queste visite, anche perchè il nostro Santo è protettore degli zingari, che si accamperanno gentilmente e piamente in città tra un pulmann e l'altro..
Ah, dimenticavo:.
in base al calco del cranio realizzato durante l'ultima ostensione, è stato ricostruito il volto vero di Fernando-Antonio....un portoghese davvero carino, ridotto ora a ossa e ossa!!!!

Vi saluto con affetto, venghino venghino signori!!!!Se non mi trovate a casa, provate in piazza del Santo, sto allestendo un benchetto di kebab caldo e grappa friulana!!!

domenica 14 febbraio 2010

é andata bene.
è andata.
c'era anche quest'anno moltissima gente ( qualche centinaio penso).
chi continua a venire, 12 anni dopo, sono gli amici più cari, quelli che a volte non vedi da un anno all'altro, ma rimangono comunque gli amici più cari, e quelli che lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene, molti giovanissimi soldati mandati dall'esercito, il suo ufficiale, ormai diventato un altissimo ufficiale , i suoi amici.
Naama, la moglie di Eyal, ha ricordato di come lo ha conosciuto , di dodici anni fa , quando, giovane soldatessa ,lei viveva nella stessa casa di Miri , la sua ragazza, e Joni , alto, bruno, bello, romantico e cinico, giovanissimo ma già adulto, faceva centinaia di chilometri per andare a trovare la sua ragazza.
"è morto da eroe" ha detto. E lo so che è vero, anche se odio ammetterlo. Mentre parlava Miri piangeva silenziosa. L'hanno scorso avrebbe dovuto parlare lei ma all'ultimo momento non ce l'ha fatta. "poi , sette anni dopo" ha detto Naama " ho conosciuto attraverso Miri il fratello maggiore di Joni, Eyal , ci siamo innamorati, ci siamo sposati, abbiamo esattamente otto anni di differenza , la stessa differenza di età che c'era tra i due fratelli . è anche lui è romantico e un pò cinico ; abbiamo due splendide gemelle di ormai due anni ,e siamo felici. Anche questo lo dobbiamo a Joni. "
poi Avraham ha detto il kaddish . i primi anni singhiozzava, non riusciva a finirlo. adesso va via spedito.
a me sono solo scese due grosse , eleganti lacrime , senza neanche rovinarmi il trucco. faceva un caldo terribile , sui trenta gradi. mi colava il naso per il raffreddore.
da lì siamo partiti per Gerusalemme per stare un'ora coi nostri amici Blumberg la cui figlia si è suicidata 11 anni fa, lo stesso giorno.
anche loro erano appena tornati dal cimitero.
siamo tornati a casa distrutti , Avraham si è addormentato subito.
io no.
e domani si parte, andiamo a Virgoletta, con una coppia di amici . Avraham e loro si fermeranno una settimana, io due.
non vedo l'ora.
avevo appena chiuso il post precedente che sono successe due cose: con un gran chiasso di vetro rotto si è staccata dal muro , dove era saldamente attaccata a un chiodo, una foto di Joni, ed è nato un bambino al fratello di Miri , la ragazza di Joni, ( ormai sposata, è stata anche nostra ospite col marito a Virgoletta) ,e mi hanno telefonato per dirmi che lo chiameranno Joni .
è il quarto bambino che nasce il giorno della morte di Joni: Jouvi , quattro anni, di mia figlia Michal , e Gaia e Lia , due anni, le gemelle di mio figlio Eyal, sono nati tutti e tre il 26 febbraio , che è la data della sua morte secondo il calendario gregoriano.
per par condicio, il nuovo piccolo Joni è nato nella stessa data , ma secondo il calendario lunare, ebraico .
ce la mette proprio tutta a mandarci dei segnali....
oggi è l'anniversario di Joni. sono le 12 e mezza. Avraham non riesce a stare tranquillo. questa mattina è sparito, forse è andato al cimitero. poi è tornato con la faccia scura. non riesce a perdonare , a perdonarsi la sua morte , non capisce perchè è l'unico che non se lo sogna la notte .
a me è venuto il raffreddore.
ieri sera sono venuti una ventina di suoi amici a studiare le "mishnaiot " in suo ricordo.
si sono organizzati tra di loro , è la prima volta, dopo dodici anni, che arrivano in così tanti. tutti, tranne uno , sposati , tutti, tranne uno, con figli e moglie.
un pò pelati, un pò cambiati. Izik, che vive da allora nella nostra casa di Kfar Saba (quasi gratis ) si è sognato che Joni gli diceva "ti voglio tanto bene Izik , lo sai? dobbiamo organizzarci per una serata a poker con Izik il rosso" , un'altro se l'è visto davanti mentre stava facendo la spesa. ha chiamato un terzo amico , e lui gli ha detto " domani è l'anniversario....ci troviamo a tel aviv dai genitori"
abbiamo riso tanto ieri sera, mangiato aringa sott'olio alla polacca e bevuto vodka. non abbiamo parlato di lui perchè lui c'era. c'è sempre. lo sento ancora vivo che cresce mentre invecchio. non me lo immagino per niente ventenne, ma adulto, un uomo.
oggi alle 4 e 30 dobbiamo essere al cimitero.
fa un gran caldo, come allora.
e come allora, non so come vestirmi .
avraham si metterà in agitazione già dalle 2 e 30 . al cimitero c'è sempre la paura che non venga nessuno , invece alla fine c'è sempre tanta gente.
quest'anno parlerà Naama , la moglie di Eyal, e sono curiosa di sentire cosa dirà .

Davanti alla tomba, coi miei nipoti e i miei amici più cari intorno , alla fine mi viene addosso la disperazione . è l'unica tomba che non ha fiori , piante e foto intorno. io non ci vado mai. Vado raramente anche a Padova a trovare i miei genitori.
Il cimitero di Padova però non mi dà angoscia. sono tutti lì i miei avi, nelle loro belle tombe antiche , padre e figlio nell'ordine giusto.
invece al cimitero militare di Tel Aviv mi scatta la paura, e la rabbia. lì i morti sono tutti giovani, lo chiamano "il villaggio della gioventù"
ho cinque nipoti, che ne sarà di loro? che ne sarà di questo paese che si allontana sempre di più da un futuro di normale convivenza? che sembra impazzito?
che ne sarà di noi? ho sbagliato tutto a venire a vivere qui?

sabato 13 febbraio 2010

Viaggio molto, sospesa tra due mondi. E viaggio molto da sola.

Ormai ho imparato a viaggiare portando con me poco o niente : infilo tutto nel trolley con le rotelle , e sopra , dentro a un beauty case , ci metto il mini computer. Ogni volta che viaggio mi rendo conto di quanto poco abbiamo bisogno per vivere : un paio di pantaloni, una gonna, due magliette, un golf, due paia di scarpe , un cappotto , un costume da bagno, una bustina per lo spazzolino, il pettine, e il trucco. Sette chili scarsi,

massimo dieci.

Negli aereoporti , sempre troppo freddi d'estate e troppo caldi d'inverno , mi avvio nei lunghi corridoi e nelle sale tutte uguali , mi metto in attesa nelle interminabili file delle toilettes per le donne, e poi come tutti, aspetto. Ma di persone come me ne vedo poche. Nel microcosmo del viaggio gli umani preferiscono partire in coppia, o in famiglia, o in gruppo. La maggioranza , come nel resto del mondo, sono donne. Chiacchierano tra di loro, pregustando il viaggio, discutono dei luoghi visti, si "guardano" a vicenda la borsa o la valigia , discutono i prezzi al duty free, cercano di farsi passare, ridendo e scherzando , la ormai non più confessabile paura del vuoto che le attende , ammucchiate e chiuse con i loro compagni, figli , nipoti, e amici e amiche in una scatola di metallo, senza possibilità di fuga, in aria.



Gli uomini, anzi gli uomini d'affari e i politici, sono invece la stragrande maggioranza degli abitanti delle salette vip , (dove a volte ho accesso). Sono vestiti di scuro, parlano in continuazione al telefonino, hanno lo sguardo vuoto di chi neanche ti vede , addosso odore di stanchezza, di fatica e di successo ,a volte al fianco una bella compagna molto di rappresentanza; tutti fanno finta di viaggiare in business . Spesso si riconoscono tra di loro e allora si prendono a gran pacche sulla schiena , gran risate , conversazioni a voce alta che finiscono nel nulla.

E così, girando per le salette vip, mi è capitato più di una volta di essere l'unica donna , oltre alla signora del bar ormai distrutta dalla stanchezza , tra tutti quegli uomini.

" sono dei disperati" mi ha detto lei, un pò complice.

Di questi tempi, dopo il disastro economico mondiale e la perdita del valore delle cose, lo sembrano ancora di più. E confusi.

martedì 9 febbraio 2010

Israel day by day


Figli, nipoti, annessi e connessi


Virgoletta in Lunigiana http://www.virgoletta.eu/