mercoledì 8 giugno 2011

dal fatto quotidiano

il Fatto 8.6.11
“Netanyahu e Barak, i piromani della pace”
L’attivista e scrittrice Manuela Dviri racconta la strategia incendiaria del duo di governo a Gerusalemme
di Roberta Zunini

Manuela Dviri vive a Tel Aviv, una città bifronte dove sul lungomare impazza la movida e nel centro le strategie militari. Nella capitale amministrativa israeliana sorge il quartier generale della Difesa. Qui vengono prese decisioni che si traducono in comandi per l’esercito. Nella stessa città dove vive il ministro della Difesa, Ehud Barak, la scrittrice italo-israeliana porta avanti la sua battaglia per aiutare i bambini palestinesi che non possono essere curati in Cisgiordania, facendoli ricoverare in ospedali israleiani. Il suo progetto “saving children” va avanti anche grazie alle tante donazioni fatte in Italia. Dviri che ha perso un figlio 26enne durante la guerra libanese, è stato una delle attiviste per l’uscita di Israele dal Libano.
“CI DICEVANO che con il nostro impegno minacciavamo la sicurezza del nostro paese, ma non è stato così. Dopo il ritiro dal Libano la situazione non è peggiorata”. Ciò che sta mettendo in pericolo Israele invece è l’atteggiamento cinico del premier Netanyahu e del ministro della difesa Barak. “Come ha denunciato pubblicamente l’ex direttore del Mossad, il generale Meir Dagan, entrambi sono pericolosi, una coppia di piromani che attraverso il cinismo e la spregiudicatezza stanno portando Israele verso una strada senza uscita”. Secondo l’ex direttore dei servizi israeliani, Israele rischia di precipitare in una guerra con l’Iran per il carrierismo di Bibi e la visione militarecentrica di Barak.“Sono d’accordo con Dagan, che non è certo uno stinco di santo. Se proprio lui ha sentito la necessità di rivelare le sue paure a proposito delle prese di posizione della leadership israeliana, significa che è arrivato il momento di cambiare rotta”. Quali sono i principali ostacoli da rimuovere? “Di ostacoli ce ne sono molti ma il vero problema è l’indifferenza degli israeliani. La gente mediamente sta bene e preferisce pensare ad altro, per questo ha aderito al comportamento imbelle di Netanyahu che vuole mantenere il più a lungo possibile lo status quo. In ebraico c’è un proverbio che dice: ‘vuole mangiare il dolce e lasciarlo intero’. Ecco il premier agisce proprio così”.
A sentire la Dviri è arrivato il momento di rischiare perché comunque le cose non possono rimanere così “Persino i coloni in Cisgiordania si stanno rendendo conto che a partire da settembre, quando i palestinesi dichiareranno unilateralmente la nascita della Palestina, qualcosa inizierà a cambiare. L’altro giorno sono stata a un funerale in una colonia in Cisgiordania e alla mia domanda sul perché il cimitero fosse così piccolo, ho avuto questa risposta: perché quando ce ne andremo non vogliamo lasciare qui i nostri morti”.
La villa nella giungla (come un’espressione, spesso usata da Barak, definisce Israele rispetto al Medio Oriente, ndr) sarà comunque spazzata dal vento della primavera araba.

5 commenti:

  1. Cara Manuela,
    ho letto con molto interesse l'articolo. Sicuramente i leader israeliani, anzi il duo Bibi-Ehud Barak, può essere criticato ed è criticato come avviene in una democrazia quale Israele è. Le critiche concernono la stasi del processo di pace: l'intransigenza della leadership israeliana. E' un'assioma che francamente non mi convince. Netanyahu non è certo molto flessibile ma quando dalla parte opposta, di coloro con i quali dovrebbe negoziare, con la leadership palestinese, si sente dire che "non ci sarà mai nessun riconoscimento d'Israele",qualche dubbio viene. Ho letto anche le critiche a Barak, permettimi di essere sincero, di lui ho il ricordo di quello che fece nel 2000: ritiro totale entro la Linea Blu internazionale dal Libano, proposte nel luglio 2000 di risolvere il conflitto israelo-palestinese affrondando tutte le questioni: confini, profughi, colonie e Gerusalemme; accettazione dei paramentri di Taba (proposta Clinton). A me sembra che il problema verta se dalla parte palestinese si voglia realmente negoziare, pur con tutte le critiche alla leadership israeliana.
    Cordialemnte, ciao

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  2. manu quando è uscito questo articolo? non lo trovo online. Infinitamente d'accordo, G.

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  3. Articolo lucido e più che condivisibile

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  4. del resto tale analisi è confermata da più parti e sulllo sfondo si agita l'inquietante scontro tra Dagan e il governo definito senza mezzi termini irresponsabile e pericoloso

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  5. Gianita

    8 giugno pagina 13. Sul sito de Il fatto questo articolo è riservato agli abbonati.

    franco

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