A tan sólo hora y media de viaje desde Quito, la capital, llegarás a Tierra del Volcán situado a 3.500 m de altura y a cinco minutos del Parque Nacional Cotopaxi, cuyo nombre se debe a que en su interior se encuentra el volcán nevado activo más "lto del mundo (5.897 m), EL COTOPAXI .
Questo recitava la pagina "Como llegar". Mi era presa una nostalgia terribile.
Non è facile, non è proprio possibile trovare una spiegazione, ma mi capita di avere una terribile nostalgia di luoghi che non ho mai visto, insieme ad una ferma quanto insensata consapevolezza di appartenere - in qualche misura - a quei luoghi.
Mi succede con remote zone dell'America Latina, dove sicuramente mai metterò piede.
Mi succede con Israele e con i luoghi dell'ebraismo in generale. Tanto che un'amica arteterapeuta israeliana un giorno mi ha detto "tu dofefi essere una di olocausto", con quello strano accento un po' crucco degli israeliani. La mia amica Dviri direbbe che sono solo suonata.
Beh, quando mi sono imbattuta nelle foto di quel luogo - prima su Facebook e poi sul sito del "tambo" - ho provato una stretta al cuore, un desiderio forte di tornare.
E', più che un desiderio - un desiderio è al positivo - un senso di mancanza, lontananza, deprivazione.
Nei confronti dell'America Latina l'ho provato per la prima volta, e in maniera stordente, leggendo "I fiumi profondi" di José Maria Arguedas. Descriveva le mura, le pietre calde del Cuzco, ed io me le ricordavo, sentivo quel calore.
Un po' schizofrenica? Mi sto dando delle arie? No, credo che sia sempre la stessa storia del mio "io poroso" (se avessi ancora tutti i miei neuroni capirei quello che voglio dire): un eccesso di empatia, non collusivo ma comunque di una "acutezza" fuori dal comune.
Ognuno ha i suoi doni ed i suoi danni.
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